Scena sullo stile di vita salutare: quattro modelli di longevità

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Nel film “Il pianeta verde”  del 1996, la Terra viene definita nel periodo dell’Era Industriale non come progresso dei suoi abitanti ma come: “competizione, contabilità, produzione di massa di oggetti inutili, guerre, nucleare, distruzione della natura, malattie senza rimedio” e poi c’è la gerarchia…

“La gerarchia sulla Terra è in qualunque cosa. Tutti si sentono capi, tutti si credono superiori a qualcosa: gli uomini si sentono superiori alle donne, la gente di città a quella di campagna, gli adulti ai bambini, gli umani agli animali e alle piante e poi ci sono le razze…..”

Immaginate, invece, un Pianeta dove tutti vivono in armonia tra di loro e con la natura e dove non esistono le gerarchie. All’inizio di ogni anno gli abitanti si ritrovano su un altipiano dove si scambiano gratuitamente le risorse e i talenti che il pianeta mette loro a disposizione in modo diretto e paritario.

Risorse che non sprecano, né sfruttano, anche perché la loro alimentazione si basa esclusivamente sull’agricoltura.

In questa cornice bucolica l’incontro con gli altri diventa un momento di gioia e condivisione anche nei confronti del cibo, che trova la sua giusta collocazione di nutrimento e socializzazione densa di rispetto, gentilezza e sacralità, dove nulla viene sprecato e tutto viene vissuto come un dono da custodire con grande attenzione.

Che messaggio di speranza da consegnare alle nuove generazioni! Questo film andrebbe divulgato nelle scuole di ogni ordine e grado.

Ciò su cui riflettiamo (e oggi non è così scontato credetemi) è la difficoltà della nostra società di vivere in armonia con tutto e con tutti, in contrasto con la serenità e la semplicità degli abitanti del Pianeta Verde.

La riflessione sugli ultra (potremmo dire) due centenari del pianeta verde ci rimanda, inevitabilmente, agli studi sulla longevità fatti nel nostro pianeta.

Gli scienziati hanno evidenziato quattro modelli di invecchiamento che vale la pena di comprendere e su cui riflettere con grande attenzione:

  1. modello genetico
  2. modello ambientale
  3. modello farmacologico
  4. modello epigenetico.

Per comprendere questi modelli prendiamo come riferimento dei personaggi.

1) Nel modello genetico non possiamo non parlare di Jeanne Calment, donna francese vissuta fino a 122 anni, la quale conduceva un’esistenza non particolarmente virtuosa, ma che era molto dotata geneticamente.

2) Nel modello ambientale il personaggio è un anziano di una delle zone (Blue Zone) dove vi è la più alta concentrazione di ultracentenari del nostro pianeta (Ikaria – Grecia, Okinawa-Giappone, LomaLinda-California, Nicoiya Peninsula- Costa  Rica, Ogliastra e Barbagia di Ollolai  Sardegna).

Si tratta di posti dove non vi è inquinamento, dove l’alimentazione non è mai eccessiva, dove il movimento si protrae fino a tarda età, dove non vi sono conflitti sociali e dove queste persone vengono riconosciute dalla comunità come persone a cui fare riferimento in quanto sagge.

Siccome pochi hanno la possibilità di vivere in queste zone idilliache e pochi possono pensare di avere i geni di Jeanne Calment, allora le strade che abbiamo davanti sono due:

3) Con il modello farmacologico, e questo è ciò che accade, purtroppo, nella maggior parte dei casi, i nostri anziani non vengono considerati come una risorsa, ma come un peso a carico della società da dover sopportare.

La medicina è molto efficace nel salvarti la pelle, ma non lo è nel restituirti salute e funzionalità. La maggior parte di queste persone passano gli ultimi 10/20 anni della loro esistenza con un degrado delle capacità funzionali degli organi, del cervello e del corpo in generale.

4) Per fortuna abbiamo a disposizione il modello epigenetico (scienza che studia i fenomeni di regolazione del DNA, cioè l’interazione tra le predisposizioni genetiche e lo stile di vita) ben rappresentato da Ernestine Shepherd che a 55 anni, dopo la morte della sorella per tumore al seno, decise di prendere in mano la sua vita.

A partire da quell’evento tragico iniziò a fare attività fisica, a mangiare bene e a gestire positivamente i suoi stati emozionali. Questo cambiamento di stile di vita, non più passivo ma consapevole, l’ha portata a vivere più in forma e salute che nella sua giovinezza.

Che bella storia da raccontare e da emulare!

Il problema centrale di questa vicenda è che tutti dovremmo essere capaci (se qualcuno ce lo insegnasse) di gestire la nostra salute come Ernestine per riscoprire quella serenità e semplicità che ci consentirebbe di “vivere felici e saggi come Ataia, Zeca, Aramo, Coletta”.

Ci si rivede in giro.

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