Per ogni parola pronunciata ne cade una, e quando saranno tutte cadute lui morirà.
Ne ha sprecato quasi 1000 cercando di risvegliarsi dall’incubo, ma nel frattempo non solo non ha pronunciato le 3 parole capaci di liberarlo, ma ha distrutto tutto ciò che aveva: il lavoro, la famiglia e il rapporto con la madre.
Quest’ultima, durante le visite di Jack, non l’ha mai riconosciuto scambiandolo per il padre, verso il quale lui prova rancore e rabbia per essere andato via prima di morire. Un giorno, mentre le foglie cadono portando via il tempo per rimediare, Jack medita su quello che ha perso e dedica un’ultima visita alla madre.
Lì scoprirà che lei, affetta da Alzheimer, lo ha sempre riconosciuto e, pur confondendolo anche ora con il padre, vorrebbe che i due si parlassero e si perdonassero in nome dell’amore e della famiglia.
Le ultime 3 parole Jack le pronuncia sulla tomba, utilizzando una delle più alte libertà umane: l’immaginazione.
Immagina se stesso nei panni del padre; immagina tutto quello che avrebbe voluto dirgli, e tutto quello che avrebbe voluto sentirsi dire. E infine pronuncia le 3 parole che lo renderanno libero: IO TI PERDONO.
Le foglie cadono, così come anche le lacrime a guarire le ferite di un intera esistenza.
Il perdono ha questa capacità terapeutica, ci libera dalle zavorre che ci portiamo dietro da una vita intera. E’ possibile perdonare anche quando le persone che ci hanno ferito non appartengono più a questo mondo? Lo abbiamo appena visto. Noi siamo attori, registi e scenografi dei nostri film. Con la visualizzazione possiamo spostare il nostro orologio avanti nel futuro, ma anche indietro, nel passato, per recuperare risorse ed esperienze dimenticate.
Da tempo la scienza ha dimostrato con i fatti che il nostro cervello non riconosce la differenza tra l’immaginazione e la realtà. La maggior parte delle volte però, usiamo questa grande “libertà” come una grande “schiavitù” e così le catene ci legano al rancore, alla rabbia, alla solitudine.
Nella scena, tratta dal film “Una bugia di troppo”, l’albero di Jack rinasce, così come la sua vita: è un uomo diverso.
Questo è quello che accade con il il perdono, si rinasce. Si respira con più gioia e più amore. A volte il percorso è lungo, non si finisce mai.
Tuttavia, ogni volta che penso a quello che avrei voluto sentirmi dire, ma che non mi è stato detto, continuo a dire: “Papà io ti perdono!” e mi sento subito meglio.
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Virginio
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Pur sembrando facile non lo è. Probabilmente è la cosa più difficile da fare, e proprio per questo, quando ci sei riuscita, il premio è infinito. Bisogna ricordarselo sempre.
RispondiGrazie
infatti ..Doriana! non lo è!
Rispondinon è neppure semplice far trascorrere la propria vita portandosi dentro tutto quel dolore.
Ci vuole un bel coraggio anche per quello..:-)
Pochi giorni fa ho visto il film e mi sono commosso! probabilmente lo rivedrò ancora molte altre volte, ma il vero senso, come sempre, lo hai saputo dare tu! Il perdono ti libera, il rancore ti rovina e procura disagio a chi ti stà accanto. Mi sento fortunato per aver capito questo tanto tanto tempo fa ed oggi lo sono ancora di più per avere la possibilità di confrontarmi con te sebbene non frequentemente.
RispondiGrazie Maestro
E’ un arricchimento comune Antonio.
RispondiGrazie a te
Ciao Virginio, ho fatto vedere questa scena al mio team come inizio giornata. Il tema è forte e la scena emozionante. Io per prima mi sono emozionata prima da sola mentre visionavo la scena e capivo se poterla o meno usare e poi insieme a loro. Spero però siano partiti tutti con uno spirito più consapevole. La forza del perdono ci rende liberi.
RispondiGrazie per aver condiviso questa scena con noi gratuitamente.
Caterina