La percezione del tempo che ci rimane da vivere è una leva potentissima per il cambiamento. Nel film “Dio esiste e vive a Bruxelles”, la giovane figlia del “Padreterno” (un improbabile Benoît Poelvoorde) manomette il software con cui il Padre governa il destino della gente.
Certo sembra tutto così surreale e c’è bisogno di una buona dose di cinismo per essere fatalisti, oppure credere che, al di là di ogni cosa, Qualcuno dirige il disegno delle nostre vite, ma la metafora è ideale per riflettere sulle questioni “pratiche” dell’esistenza.
All’improvviso, tutti gli abitanti della terra vengono a conoscenza della loro data di morte. Non si capisce se si tratta di uno scherzo balordo o di una reale predizione, ma a quanto pare l’appuntamento con la “nera signora” è puntuale, tanto da lasciare tutti sbalorditi.
C’è chi piange disperato per il poco tempo rimasto, chi invece gioisce perché finalmente sa di essere immortale per un dato periodo di tempo, e quindi sfida i suoi limiti e il suo corpo. Tutti però, si fermano attoniti a riflettere sugli anni vissuti fino a quel momento, soprattutto sul significato della loro esistenza.
“Le persone sopravvalutano quello che possono realizzare in 1 anno e sottovalutano quello che possono realizzare in 10 anni (Tony Robbins)”.
Cosa accadrebbe se tu venissi a sapere che ti restano pochi giorni di vita? Invece, quale sarebbe la tua reazione una volta saputo che la tua permanenza su questo pianeta sarà molto lunga?
Le risposte ad entrambi le domande sono una buona bussola per guidare le nostre azioni quotidiane. Metterle in pratica significherebbe limitare scelte sbagliate, seguire percorsi in linea con le nostre inclinazioni e la nostra missione personale. Ovvio che non esistono risposte generaliste, eppure sento che la direzione verso la quale tenderemmo sarebbe più o meno una, quella dell’amore, verso se stessi e verso gli altri.
Se ci restasse poco tempo vorremmo viverlo al fianco delle persone che amiamo, farci guidare dall’amore e dalla compassione.
Se sapessimo di dover vivere a lungo, vorremmo imparare nuove abilità e coltivare le nostre passioni, per raggiungere la nostra piena realizzazione.
Dovremmo imparare a giocare con “il tempo”, come il gatto col topo, dilatarlo, restringerlo, affinché la nostra percezione cambi e ci spinga a seguire l’unica direzione che conta. Sulla soglia non credo che qualcuno proverà rammarico per non aver guadagnato un milione di euro, ma l’idea di non avere più tempo da passare con le persone che ama può essere logorante.
Insomma, ogni tanto, qualche spunto di riflessione è necessario per riportarci al giusto equilibrio, con i piedi per terra, o forse sarebbe più giusto dire “sulla terra”. Su questo strano pianeta, così controverso, dove dolore e piacere si alternano come la notte e il giorno, come l’abbondanza e la scarsità, come il tutto contrapposto al niente.
In questo spazio che condividiamo tutto è relativo, tutto in preda alla percezione del tempo. Tranne una cosa: “l’amore”, assoluta forza risolutrice di tutte le nostre battaglie.
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Virginio
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