Un tema estremamente sensibile nell’ambito della comunicazione medico-paziente e della comunicazione medico-familiari dei pazienti. Un tema che spesso incontra e si scontra da una parte con la realtà quotidiana di condizioni a volte davvero complicate in cui i medici sono costretti a svolgere il loro lavoro, dall’altra con la scarsa preparazione o con una sorta di “corazza” che molti medici si costruiscono, o con una forma di abitudine al dolore, alla malattia o alla morte stessa, o con le paure degli stessi medici e con tante altre emozioni e condizioni fra loro contrastanti.
Secondo la definizione dello psicologo JT Ptacek, professore alla Buckwell University, le cattive notizie sono “…situazioni nelle quali vi è una sensazione di assenza di speranza, una minaccia al benessere mentale o fisico di una persona, un rischio di uno sconvolgimento di uno stile di vita consolidato…”. (Breaking Bad News, JAMA 1996).
Secondo Robert Buckman, medico inglese, una cattiva notizia era
“…quella notizia che altera drammaticamente e negativamente le prospettive future del paziente…” e che è “tanto più cattiva quanto più ampia è la differenza tra l’aspettativa del paziente e la realtà clinica della situazione”. (La comunicazione della diagnosi).
Quindi… dire o non dire? Quanto dire? Come dire?
In queste scene tratte da un episodio della 12° serie di Grey’s Anatomy, assistiamo a una “lezione” su alcuni aspetti importanti relativi alla comunicazione di cattive notizie, in questo caso, della morte di una persona cara ai familiari. In prima battuta, attraverso la “lezione” del dottor Hunt assistiamo ad aspetti più “tecnici”, “procedurali”, relativi all’ambiente, al comportamento e alle capacità. In un secondo momento, nelle parole della dottoressa Meredith Grey, ad aspetti relativi al significato di quella comunicazione, alle convinzioni e ai valori umani, alle emozioni, all’importanza del ruolo del medico nella vita di una persona nel momento in cui gli comunica una notizia che comunque gli cambierà la vita.
Nella prima scena proposta in apertura di questo articolo, un uomo viene soccorso per infarto in ospedale. Probabilmente ha mentito sui farmaci per disfunzioni erettili che aveva negato di prendere.Lo specializzando non riesce a crederci, ed è sconvolto.
La dottoressa commenta, in modo automatico e distaccato: “La gente è caparbia, anche quando la situazione è critica. Ora del decesso: 12.19”.
Lo specializzando, un po’ sperduto, visibilmente in difficoltà, chiede: “Che facciamo adesso?” e il medico risponde “Tu avverti l’obitorio”.
Lo specializzando risponde: “Tutto qui?”
È spaesato, sotto shock, probabilmente è il primo paziente che muore sotto i suoi occhi mentre lui stava contribuendo a cercare di salvarlo. A differenza dei medici più “anziani”,che invece reagiscono con maggiore freddezza e contenimento emotivo, lui non ce la fa.
Cambia la scena e in corridoio il giovane specializzando incontra il figlio del paziente, che nel frattempo è stato avvisato che suo padre si è sentito male ed è in ospedale. Il ragazzo è disorientato, cerca di evitare il confronto ma non riesce, non ne è capace. Quindi, lì, in corridoio, in uno stato emotivo evidentemente alterato, comunica al figlio la morte del padre, cercando di dare spiegazioni, di riempire il silenzio che nel frattempo si era creato, provocando una reazione violenta del figlio.
Arriva un medico responsabile, il dottor Hunt, che interviene prima con il figlio del paziente, calmandolo e poi con il giovane specializzando che è stato spinto a terra: “Che cosa gli hai detto? Che cosa cavolo gli hai detto?”
Il giovane specializzando, così come i suoi colleghi, non è stato preparato a questo, non gli è stato insegnato e non lo ha imparato.
Ma quanti medici, anche con anni di esperienza alle spalle, affrontano questi momenti con distacco, freddezza, fretta, o semplicemente senza aver ricevuto una vera e propria formazione e preparazione in merito?
Successivamente, come appena visto in questa scena, il dottor Hunt dà un compito agli specializzandi: informare i familiari delle persone coinvolte in un incidente, affinché possano fare pratica. E indica 4 passi:
“Luogo, linguaggio, linguaggio del corpo e lasciarli. Le 4 “L”.
Luogo: “portateli in un luogo appartato dove non vengano disturbati”
Linguaggio: “Non indorate la pillola, non lasciate spazio ai malintesi. Dovete usare la parola morto.”
Linguaggio del corpo: “Spesso un tocco di conforto aiuta; una mano sul braccio, o sulla spalla se vi sembra opportuno”
“…e infine lasciarli. Avete fatto il vostro dovere, congedatevi, toglietevi di torno.”
La dottoressa Grey discute con il dottor Hunt sul fatto che le 4 L non bastano e lui risponde che “…per impararlo devono farlo da vicino e di persona”.
Nelle scene che si susseguono si vede effettivamente che il dottor Hunt spiega e poi osserva gli studenti mentre eseguono il compito, mentre si esercitano, in modo da potergli dare feedback e imparare. Questa è una delle metodologie tendenzialmente applicate in tutto il mondo per quanto riguarda l’insegnamento delle abilità di comunicazione in medicina.
Segue una lezione della dottoressa Grey su come dare le cattive notizie, che esprime una visione un po’ più ampia, meno orientata alla procedura, al cosa dire, ma a come dirlo, ponendo attenzione al dolore delle persone, alle loro reazioni ed emozioni, al linguaggio verbale e non, al significato del ruolo di un medico in momenti simili, alla priorità assoluta di quella persona in quel momento.
“Quando entrate in una stanza per dire a qualcuno che un loro caro è morto non basta un elenco di procedure che avete memorizzato. La vostra faccia è quella che ricorderanno per il resto della loro vita. Stavano bene prima di incontrare voi, erano andati a prendere i figli a scuola, avevano preparato la cena, ed è arrivata una telefonata. La polizia ha bussato alla loro porta, li ha portati qui, con i loro figli, qui dentro, perché voi poteste dare loro la notizia più brutta della loro vita. Cambierete la vita di quella persona per sempre. Voi siete responsabili di quel momento, perché nell’istante in cui una persona passa da moglie a vedova, ci siete voi, solo voi, nessun altro che voi, perciò quella persona non è un disturbo, non è una casella da cancellare su un elenco. Poi sarete parte della sua vita, le vostre parole, la vostra faccia, perciò prendetelo sul serio, e riconoscete l’importanza del vostro ruolo. E rispettate il fatto che il dolore di quella persona è la cosa più importante in quel momento”.
Robert Buckman nel 1992 scriveva a proposito del compito di dare cattive notizie in qualità di medici:
“Se lo facciamo male, i pazienti o i familiari dei pazienti non ci perdoneranno mai; se lo facciamo bene non ci dimenticheranno mai”.
Condividi
Emanuela Mazza
Acquista il film
Grey’s Anatomy è una serie televisiva statunitense trasmessa dal 2005 dalla American Broadcasting Company (ABC).
Acquista il libro
La Relazione Medico-Paziente (eBook) Manuale di ComunicAzione per i Professionisti della Salute di Emanuela Mazza – Acquistalo su ilgiardinodeilibri.it
Molto interessante e istruttivo, Grazie.
RispondiLe stesse “regole” sono applicabili in qualsiasi contento: lavoro, sport, famiglia
apprendiamo le procedure e poi mettiamoci il cuore.
verissimo Mauro, possiamo ritrovarci nelle stesse condizioni dei protagonisti . Alla prossima
RispondiBuongiorno, in fase di download mi da un errore, come posso fare?
RispondiDavvero toccante! Bisognerebbe ricordarcelo spesso anche da non medici che le notizie brutte quando vanno date ci dovrebbero coinvolgere empaticamente con l’altro…
RispondiBuongiorno sapete dirmi dove trovo il pdf della scheda di queste tre scene?
Rispondigrazie