“La grandezza di un uomo si misura dalla caratura dei suoi sogni”, ripete spesso un uomo che stimo molto. Quando lo dice, lo fa per esortare noi giovani a sognare in grande, a inseguire sogni nobili, preziosi, che riempiono l’anima del bello e di bene, di luce e valore. L’uomo è ciò che sogna, il fine nobile su cui plasma la propria esistenza.
È quello a cui ho pensato quando mi sono imbattuta in questo film del 1999, “Cielo d’ottobre”, che si ispira alla storia vera di Homer Hickam jr., ingegnere della NASA, ora in pensione. “Stupide fantasie da ragazzino!”, verrebbe da pensare alla prima scena di questo montaggio.
Una mattina di ottobre come le altre, mentre a colazione si discute del più e del meno, Homer annuncia alla sua famiglia:
“Ho intenzione di costruire un razzo, come lo Sputnik!”
C’è molto di più che una semplice passione da adolescente dietro queste parole. Nell’espressione determinata e nel sorriso fiducioso e ambizioso di Homer ci rivedo quelli di tante persone che ce l’hanno fatta. Ce l’hanno fatta a fare del proprio sogno il proprio lavoro, della propria passione la propria vita, dei propri desideri di bambini la missione di un’intera esistenza.
Per dirla con le parole di Bob Marley, “Se un sogno ha così tanti ostacoli vuol dire che è quello giusto” e, purtroppo o per fortuna – perché gli ostacoli insegnano –, prima o poi arriva per tutti il momento di scontrarsi con chi il nostro sogno decide di non condividerlo.
“Credevo l’avessi finita con queste sciocchezze, Homer!”
Homer vive a Coalwood, un piccolo paese in cui è una miniera di carbone nelle vicinanze a dare lavoro a quasi tutti gli abitanti, anche a suo padre, sovrintendente alla miniera stessa.
“… se continui così un giorno avrai il mio posto (…) hai idea di quanto ne sarei orgoglioso? (…) se questa storia dei razzi è così importante per te, allora mi sta bene, purché tu stia attento … Ci sono hobby peggiori di questo!”
Per suo padre John si tratta solo di un hobby pericoloso, nulla a che fare col lavoro, quella è un’altra storia. Per Homer invece le due cose coincidono, alimentate dalla stessa sorgente comune di passione e determinazione.
“La miniera è la tua vita, non la mia (…) Io voglio andare nello spazio!”
L’uno ha costruito la sua vita, la sua famiglia e il futuro dei suoi figli coi sacrifici del suo lavoro sotto terra, l’altro mira al cielo. Un uomo con “i piedi per terra” e un figlio che sogna troppo in grande. Eppure non sono agli antipodi, anzi:
“… lo so che io e te non la vediamo esattamente allo stesso modo su certe cose, anzi, non la vediamo allo stesso modo quasi su niente, però io sono arrivato a pensare che posso cambiare qualcosa a questo mondo, e non perché sono diverso da te, è perché io sono uguale a te. Posso essere altrettanto ostinato, papà, io spero soltanto di essere in gamba quanto te!”
John non si accorge che la determinazione di Homer è un dono che lui stesso gli ha fatto e, di fronte a dover scegliere se perdere un figlio o l’idea che ci si è fatti del proprio figlio, decide di aiutarlo a rincorrere il suo sogno.
La stessa ostinazione permette a Homer di vincere “la medaglia d’oro, primo premio del concorso scientifico nazionale” e a suo padre di riscoprire che amore è sinonimo di libertà.
E i tuoi sogni quanto valgono?
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“Cielo d’ottobre” (October Sky) è un film del 1999 diretto da Joe Johnston e tratto dal libro “Rocket Boys” (1998), autobiografia di Homer H. Hickam jr.
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