Protagonista del film “L’ospite inatteso” è Walter Vale, professore universitario di economia di un piccolo ateneo del Connecticut. Rimasto vedovo, passa il tempo libero cercando di imparare a suonare il piano dell’amata moglie. Costretto per cause di forza maggiore, si reca a New York per un convegno e, rientrato nel suo appartamento, in cui non metteva piede da tempo, lo trova occupato da una giovane coppia clandestina: lui, Tarek, siriano, suona il djembe in un gruppo jazz, lei, Zainab, senegalese, disegnatrice di gioielli. Dopo lo sgomento iniziale, Walter invita i due a restare. E’ l’inizio di una profonda fase di cambiamento.
Nella prima delle due scene selezionate, un impacciato Walter inizia a covare dentro di sé la voglia di “cambiare”. Solitario e pragmatico, inizia a riscoprirsi insofferente e bisognoso di un nuovo slancio, di nuova vitalità, così si approccia timidamente al djembe del suo “inquilino”. Con la semplicità e la spontaneità che lo contraddistingue, sarà il linguaggio della musica a fare da ponte tra i due e a segnare l’inizio di un’autentica amicizia interculturale.
“Siediti, coraggio, ti faccio vedere”
Tarek insegna a Walter a suonare il djembe e non solo. Gli insegna che “pensare incasina tutto”, che suonare “in 3 tempi” può essere un’alternativa ai 4 tempi della musica classica.
“Dimentica la musica classica, lasciala perdere”
Con naturalezza e accoglienza Tarek aiuta Walter a farsi spazio nel suo mondo, nella sua cultura e con la stessa naturalezza lo convince ad unirsi ad una performance multietnica di percussioni a Central Park. E Walter lo lascia fare.
“Andiamo Walter, è facile, devi farlo quando te la senti”
A 70 anni esatti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, questo film vuole invitarci a riflettere che la diversità è ricchezza e possibilità di ampliare la nostra visione del mondo e delle persone che lo abitano, compresi quei nuovi vicini o quei nuovi colleghi che ci sembrano un po’ degli “alieni”. Basterebbe superare quelle barriere che troppo spesso, forse anche inconsciamente, poniamo tra noi e il “nuovo”, per scoprire che dall’ “altro” abbiamo tanto da imparare e a cui insegnare.
Purtroppo rapportarci con ciò che è “imprevisto” oggi è ancora un fattore culturale cruciale per la nostra società che, sebbene così “globalizzata”, rimane ancora “vittima” di pregiudizi razziali e culturali.
Il suono ritmico e coinvolgente di uno djembe non salverà il mondo ma ha “rivoluzionato” la vita di Walter. Ancora una volta nel mondo del cinema, che della vita reale è specchio e rappresentazione, il potere della musica si sostituisce all’ambiguità delle parole e consente di vedere al di là del colore della pelle. La musica si fa veicolo di umanità e conoscenza reciproca, che arricchisce, non impoverisce, dà, non toglie.
Non solo un immigrato che cerca di farsi spazio in una nuova città e una nuova cultura impreziosendola con i propri suoni e colori, ma anche un perfetto “ordinary man” che ritrova il gusto di vivere e la forza di “re-integrarsi” nel presente, nella sua città in continuo mutamento, in nuove relazioni e nella propria vita. Due vite, apparentemente diverse e distanti, arrivano a completarsi.
“L’integrazione è un’operazione che si fa in due. Non ci si integra da soli. Integrarsi non significa rinunciare alle componenti della propria identità di origine ma adattarle a una nuova vita in cui si dà e si riceve.”
Per capirlo, basta mettere da parte i pacati, regolari e rassicuranti 4 tempi della musica classica e lasciarsi andare a un ritmo ternario, imprevedibile sì, ma dinamico e coinvolgente.
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L’ospite inatteso (The Visitor) è un film del 2007 diretto da Tom McCarthy. Per la sua interpretazione il protagonista Richard Jenkins ha ricevuto una nomination ai premi Oscar 2009 nella categoria miglior attore protagonista.
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